In questi giorni gira su internet un video che mostra l’intervento del regista Michael Bay (tra i suoi film più famosi: The Rock, Armageddon e i vari Transformers), chiamato come testimonial ad una presentazione di Samsung a Las Vegas (per chi non ha visto il video, può trovarlo a questo link: http://www.youtube.com/watch?v=R4rMy1iA268).
Ci capita spesso di tenere corsi di public speaking e abbiamo trovato questo video molto interessante perché mostra alcuni tra gli errori più gravi e purtroppo più comuni che professionisti e studenti possono commettere durante un discorso in pubblico.
Ma andiamo con ordine.
Introdotto da un video con scene spettacolari tratte dai suoi film, il regista parte abbastanza bene: entra “in scena” con una bella energia fisica ma si sente subito il fiato grosso da agitazione: di certo non ha fatto alcun tipo di riscaldamento prima di salire sul palco. La sua inquietudine si coglie poi anche nei così detti “gesti pacificatori” come quei piccoli massaggi delle mani che spesso facciamo inavvertitamente quando non ci sentiamo a nostro agio in una determinata situazione.
E’ evidente che Michael fa il regista di mestiere e non l’attore perché, dalla piattezza con cui pronuncia la prima frase a effetto, ci fa capire subito che sta andando a memoria o sta leggendo. Tant’è che si blocca un attimo dopo e si volta verso il presentatore in cerca di aiuto. Questi naturalmente lo soccorre prontamente con una domanda, evidentemente preparata. Bay inizia a rispondere in maniera spedita senza staccare gli occhi dal monitor finché… finché accade ciò che spesso può verificarsi: un banale imprevisto che in questo caso si trasforma in una catastrofe. Il gobbo su cui stava leggendo infatti si spegne e il regista si blocca. Cerca di riprendersi dicendo che improvviserà e il conduttore lo sostiene dicendo: “dicci cosa pensi”.
Fin qui si era trattato di un grave quanto evidente errore di carenza (o assenza totale) di prove da parte del regista. Basta guardare il livello degli speech della manifestazione TED (www.ted.com) per rendersi conto di come gli americani, in termini di public speaking, siano soliti preparare un intervento ponendo grande attenzione non solo al “cosa” dire ma anche e soprattutto al “come” dirlo (a differenza di noi italiani) risultando spesso molto efficaci.
In questo caso, invece, l’assenza di preparazione è imbarazzante e rende difficile qualsiasi tentativo di giustificazione: verificatosi “l’incidente” (dichiarato apertamente al pubblico, peraltro) viene chiesto a Bay semplicemente di dire cosa pensa, ma lui ormai è come imbambolato, non riesce più a parlare né a rispondere ad una ulteriore domanda sul prodotto e scappa via dal palco dicendo “mi spiace, mi spiace”.
Cos’è accaduto? Oltre a non essersi adeguatamente “allenato”, la cosa più grave è che si legge chiaramente una totale, imperdonabile mancanza di progettazione della presentazione: studio che prevede, tra le altre cose, una scaletta mentale della successione degli argomenti. Un consiglio che diamo sempre, infatti, è quello di non imparare mai un discorso a memoria (men che meno di leggerlo, ovviamente). Oltre a non facilitare l’attenzione del pubblico, rischiamo infatti di dimenticare una parola o di avere un problema tecnico e di non riuscire ad andare avanti. Molto meglio, invece, avere chiara in mente una scaletta composta da pochi argomenti chiave in modo da poter “improvvisare” saltando al punto successivo.
In secondo luogo Bay “alza le barricate” e si chiude all’ascolto, focalizzandosi presumibilmente sull’errore appena compiuto e sull’imbarazzo del momento, finendo con l’andare in panico e con l’uscire di scena.
Per brevità menzioniamo solo due parole chiave utili a questo proposito: “pratica” e “ascolto” (la preparazione è fin troppo scontata). Al di là di tutta la manualistica esistente sul public speaking, è infatti solo la pratica che permette di fare errori, di migliorare e di imparare a non farsi sopraffare dall’ansia. Un consiglio ulteriore è infine quello di cercare, per quanto possibile, di restare sempre aperti all’ascolto e di non chiudersi in se stessi: solo così, infatti, riusciremo a superare l’impasse e a portare a termine il nostro discorso.
In generale, alle brutte, sempre meglio fingere di svenire che scappare via dalla scena a quel modo!